La pasta italiana: ci sono ancora paesi nei quali non potrebbe andare?


Le recenti polemiche sull’arrivo nelle nostre tavole di grani provenienti da paesi extraeuropei, può essere di aiuto nel capire qual è l’importanza della produzione della pasta nel nostro paese. Indubbiamente siamo grandi consumatori, ma ci sono paesi che ormai, nonostante la non grandissima tradizione culinaria, dedicano alla pasta uno spazio importante, diventando non più solo un cibo etnico da sperimentare, ma occupa ormai un posto fisso nelle dispense delle case.



Vediamo questo boom dai numeri, facendoci aiutare dall’analisi svolta da Aidepi )Associazione Italiana delle Industrie del Dolce e della Pasta italiane): il 56% della nostra produzione finisce all’estero; ed ogni pastificio ha una quota di produzione destinata stabilmente, ormai, ai mercati esteri. Il peso percentuale del fatturato del comparto, rispetto al totale del food è più che doppio rispetto alla media. La quota export è sensibilmente aumentata – più che raddoppiata – passando da 740.000 a 2 milioni di tonnellate. Ed un dato particolarmente importante è che la pasta è tra le top ten dei prodotti per i quali l’Italia detiene la prima posizione al mondo per saldo commerciale.

I mercati più importanti in cui finisce la pasta italiana sono Francia, Germania e Regno Unito che annualmente consumano 1 miliardo di piatti di pasta con un controvalore di 1 miliardo di Euro. E sono questi i mercati di cui parlavamo all’inizio, dove la pasta non è più vista soltanto come cibo etnico da assaporare per conoscere culture extranazionali, ma rappresenta un’alimento ormai presente d’abitudine nelle dispense dei consumatori. Basti dare un’occhiata anche in questo caso alle statistiche di questi paesi dove viene consumata regolarmente:

  • ·         In francia il 97%;
  • ·         In Germania il 90%;
  • ·         Nel Regno unito l’80%


Essendo questi mercati ormai saturi – come evidenzia l’indagine – non sarebbe opportuno, questo punto, per la gran parte delle aziende, cercare di capire ed introdurre/spingere maggiormente il proprio prodotto, con il vissuto che già comporta, in termini di Made in Italy, anche in altri paesi in cui non sono gli italiani sono stabilmente presenti, ma anche i cittadini mostrano interesse verso la cultura, le tradizioni e la cucina italiana?

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